Problematica della chiesa cattolica

    L'argomento dell' accessione delle donne ai ministri ordinati e più particolarmente al diaconato è evocato nella Chiesa Cattolica fin dal Concilio Vaticano II. Fu evocato attraverso interventi cardinalizi, poi numerosi sinodi di vescovi nella scia della rispristinazione del diaconato permanente per gli uomini.
    Il magistero si espresse per la prima volta nel 1976 : la dichiarazione "Inter Insigniores" di Paolo VI ribadisce la positione tradizionale della Chiesa sull' esclusione delle donne dal sacerdozio ministeriale. Nel testo non é contemplato l'argomento del diaconato. Negli anni successivi il problema venne riesamitato da numerose conferenze episcopali, particolarmente in Germania e negli Stati Uniti.

    Cosǐ si esprime il Cardinale Martini nel 2004 : "in quanto al diaconato femminile, considero che merita di essere riconosciuto meglio di quanto lo permette attualmente la legislatione canonica. Non sono in grado di dire una soluzione teorica. Ề certo che assistiamo all' emergenza di nuovi ministeri che riconoscono il ruolo importante e la grande efficenza dei ministeri femminili nella Chiesa."

    Papa Giovanni Paolo II nella sua lettera "Ordinatio sacerdotalis" nel 1994 afferma di nuovo l'esclusione delle donne dal ministero sacerdotale. Si rifặ al canone 1024 : "Solo un uomo battezato riceve validamente la sacra ordinazione." E il testo precisa che quel canone fa parte del "depositum fidei" e non puờ venir aggirato.

    Il testo più recente emanato da Roma è quello della commissione teologica internazionale, che aveva ricevuto della Santa Sede l'incarico di studiare di nuovo il ministero diaconale. La missione fu compiuta il 30 settembre 2002. Senza chỉudere le porte a un possibile ministero diaconale per le donne,tocca al "magisterium" la decisione finale, la commissione sottolinea due punti :

    1) Le diaconesse dell'antica chiesa non sono semplicemente da assimilare ai diaconi.

    2) L'unità del sacramento dell'Ordine è mantenuta malgrado la distinzione chiara tra i ministeri del vescovo e dei presbitri da una parte, e il ministero diaconale d'altra parte ; il testo conciliare "Lumen Gentium" aveva enunciato che "non si fa l'imposizione delle mani ai diaconi per il sacerdozio ma per il servizio ". Allora s'aspetta.

    La Chiesa Cattolica continua a far lavorare le donne secondo lo statuto di "permanenti ỉn pastorale". Le donne sono dappertutto innumerevoli insegnati di catechismo, cappelane ospedali, visitano i carcerati. Alcune hanno accesso a certe funzioni nella Curia romana , altre vengono ammesse nei consigli episcopali. Le donne danno la communione, la portano a domicilio, proclamano la parola a messa, organizzano e presiedono funerali ecc..(E le adolescenti vestono adesso la tonaca del chierichette, cosa impossibile alle adulte.)

    Di fatti le donne fanno giặ quasi tutto quel che fanno i diaconi senza averne il titolo.
    Quando una candidata a un posto permanente si presenta con tutti il requisti le viene firmato un contratto di lavoro se si ha l'intenzione di retribuirla , e il vescovo le consegna una lettera di missione.
    Questa lettera si riferisce ai canoni 145, 146, 149,157 del diritto canonico nel capitolo degli incarichi ecclesiastici.
    Ma sono necessarie alcune osservazioni :

    1) Nel canone 145 : "Un ufficio ecclesiastico è qualsiasi incarico costituito stabilmente per disposizione divina o ecclesiastica, per venire esercitato mirante un fine spirituale." Ora l'usanza vigente vuole che le letter di missione vengano tolte dopo tre, sei anni…(cf Ministri per la Chiesa .Le Cerf- Centurion 2001) La lettera di missione non definisce dunque uno stato di vita e l'ufficio rilasciato ha solo stabilità relativa ed effimera.
    Si tratta in questo caso di una nomina puntuale, amministtrativa, senza nessun carattere definitivo o sacramentale. Si tratta di un atto provisorio che mira a compensare la penuria di ministri ordinari, dunque di una supplenza :
    Canon 230 : "Lả , dove richiesto dalla mancaza di ministri , i laici possono supplire ad alcune loro mansioni, ossia esercitare il ministero della parola, presiedere alle preghiere liturgiche, conferire il battesimo e impartire la communione."

    2) I permanenti in pastorale erano quasi sempre retribuiti, sono sottoposti alle contingenze pecunarie delle diocesi. Quando a queste ultime mancano i mezzi, licenziano. Non c'è dunque nessuna dimensione spirituale in tutto questo poiché i vescovi si comportano come padroni comuni. I ricorsi sono impossibili poiché il contratto di lavoro è legato alla lettera di missione.

    3) La legislazione che concerne i ministeri non differisce per le monache. Ma a lorol si affidano più facilmente degli incarichi, data la loro rispettabilitả, e la loro devozione.

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